Sotto il cielo di Camogli resto a galla ad occhi aperti Tra le onde, i riflessi, è bello riscoprirti E ti cerco in mare come una balena che cerca da mangiare E mi muovo veloce E con lo sguardo da tonno faccio il morto e sto zitto, sopra di me il cielo che mi fa sentire piccolo Mare, Ex Otago Dentro il tuo mare viaggiava la mia nave dentro quel mare mi sono immersa e nacqui. Patrizia Cavalli Non siamo capaci di essere insieme acqua e moto, sale e onda, unica impresa spettacolare. Come il mare laggiù, lo vedi? Mariangela Gualtieri Il vento che nasce e muore nell'ora che lenta s'annera suonasse te pure stasera scordato strumento, cuore. Eugenio Montale Il romanzo d’esordio di Cecilia Soldano è un romanzo ricco di volti, nomi, luoghi ed odori, profumi (ginepro, erica e limoni), colori. È la storia di una vita, forse due, di un naufragio (ove per poco il cor non si spaura) E di molto amore.
Lisa è figlia di Piero e Olivia, che spesso sono Piero e Olivia e non mamma e papà. Ha un fratello non di sangue ma di vita, Apo, gigante buono dai capelli riccioluti, con cui è cresciuta: con lui ha condiviso tutto - scoperte, esplorazioni, sorrisi e disegni. Lisa vive su un’isola, piccola e sperduta nell'arcipelago toscano, isola che c'è ma non c'è, allo stesso tempo. Terra dimenticata in cui spesso mancano acqua e luce; c'è solo un telefono, non ci sono le TV. Manca l'ospedale, l'università. Per questo, Lisa è costretta a prendere quasi ogni giorno una nave per raggiungere la terraferma e frequentare le lezioni. Dei suoi conterranei, Lisa è l'unica che studia, l'unica che ha la possibilità di esplorare il mondo, l’altro mondo rispetto a quello in cui vive. Sull’isola ci è cresciuta, ad essa è legata da incredibile amore. Ama la sua terra, il profumo del mare, le scogliere che addobbano la costa, prezioso ricamo della natura; conosce il vento, sa dove nasce la brezza - nata nel mare, al mare sempre ritorna.
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Ma per favore con leggerezza raccontami ogni cosa anche la tua tristezza. Patrizia Cavalli Vivamus mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis! soles occidere et redire possunt: nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci, e le dicerie dei vecchi severi consideriamole tutte di valore pari a un soldo. I soli possono tramontare e risorgere; noi, quando una buona volta finirà questa breve luce, dobbiamo dormire un'unica notte eterna. Gaio Valerio Catullo, trad. Luca Canali Possono esistere delle regole, in amore? È questa la suggestione (e non la volontà di scrivere un decalogo per l’amore, come si potrebbe essere indotti a pensare dal titolo) da cui muove Yari Selvetella per il suo Le regole degli amanti, uscito per Bompiani in settembre: un romanzo lungo una vita - trent’anni - denso di suggestioni e spunti di riflessione su un sentimento quotidiano, genuino, di cui tutti, in misure e in forme diverse, facciamo esperienza.
Da quel giorno, Ustica non è più solo un’isola meravigliosa: è anche una ferita profonda nella coscienza democratica del nostro paese. Daria Bonfietti Sorella di Alberto Bonfietti, passeggero del volo Itavia. (Alberto Bonfietti aveva 37 anni, era partito in direzione Palermo per raggiungere la moglie e la figlia.) Ho avuto il piacere di leggere tre fumetti editi BeccoGiallo della collana Misteri d’Italia a fumetti, e in tutti e tre ho ritrovato un elemento comune di importanza straordinaria, un delicato filo rosso che unisce tre ferite laceranti della nostra storia contemporanea: in ognuno di questi libri vengono messe al centro le persone, le vittime, che sono vite spezzate dalla furia del terrore e non numeri.
Il fumetto sulla strage di Piazza della Loggia si apriva con uno spunto di riflessione interessante fornito da Manlio Milani, presidente dell’associazione vittime. Milani scriveva, nell’introduzione: «Dici: “Brescia, otto morti”, “Bologna, ottantacinque morti”. Numeri. Scompaiono i nomi, l’identità». E in questo fumetto ci sono tutti: Giuseppe e Giulia stavano andando dai parenti; Arnaldo era in viaggio per lavoro; Maria, Rosario e Carmela tornavano a casa; Salvatore, Grazia, Sebastiano e Francesca andavano in vacanza; Giuliana, undici anni, andava a trovare il papà; sono tutti qui, concentrati nelle prime pagine con le loro storie, le loro paure, i loro presentimenti, quelle domande che sono un po’ scherzi del destino - «Ma per forza dobbiamo prendere l’aereo?». E poi il vuoto che si sono lasciati alle spalle, il vuoto delle vite dei loro familiari disperati che non hanno mai smesso di chiedere a gran voce la verità, barcamenandosi fra difficoltà assurde. La strage di Ustica. Un aereo scomparso, precipitato, esploso, sparito, «è… come se non fosse mai esistito». 81 vittime, 29 corpi ritrovati in mare. Marcella Manghi voleva scrivere un libro sulla felicità. Ma cos’è, in fondo, la felicità? E come se ne può parlare, nel concreto? Ci ha riflettuto su, allora, e ha deciso così di parlare di colazioni. Ma cosa c’entra la colazione con la felicità? «La colazione è lo spritz del giorno», perchè può decidere l’andamento di una giornata, «è un incubatore» di ciò che arriverà dopo, «un microcosmo attorno a cui si spalmano saluti, si fanno programmi, si confidano paure». Un momento intimo, familiare, di lenti risvegli e di piccoli progetti futuri.
Ventinove colazioni nasce così: dal desiderio di scrivere di un fatto quotidiano con leggerezza, semplice genuinità. La città dei vivi: una mappa del labirinto. La catabasi di Nicola Lagioia nell’Averno romano8/11/2020 Ibant obscuri sola sub nocte per umbram perque domos Ditis vacuas et inania regna: quale per incertam lunam sub luce maligna est iter in silvis, ubi caelum condidit umbra Iuppiter, et rebus nox abstulit atra colorem. Andavano senza luce nella notte solitaria, attraverso la tenebra, attraverso le case vuote, i regni deserti di Dite: come fosse un viaggio per boschi con una luna incerta che filtri appena i suoi raggi avari tra il fogliame, quando Giove ha sommerso il cielo d’ombra opaca e la notte ha privato di colore le cose. (1) Su «Il menabò 5», nel 1962, comparve un articolo di Italo Calvino, co-fondatore della rivista stessa. Si intitolava «La sfida al labirinto» (2): era una lunga e densissima riflessione dell’autore sul legame fra letteratura e mondo, o sulle risposte che la letteratura avrebbe potuto dare agli avvenimenti che hanno sconvolto il cosmo «dalla prima rivoluzione industriale» in poi. Sfruttando il titolo di un libro di Robbe-Grillet (3), Calvino si soffermava sul concetto di realtà come labirinto (4):
«Questa forma del labirinto è oggi quasi l’archetipo delle immagini letterarie del mondo (…) una configurazione su molti piani ispirata alla molteplicità e alla complessità di rappresentazioni del mondo che la cultura contemporanea ci offre». (5) La «letteratura del labirinto gnoseologico-culturale», scriveva allora Calvino, «ha in sé una doppia possibilità»: l’autore può scegliere di assumere un’attitudine «oggi necessaria per affrontare la complessità del reale», rifiutando visioni semplicistiche e banalizzanti perchè «quello che ci serve è la mappa del labirinto, la più particolareggiata possibile». Dall’altra parte lo stesso autore può scegliere di abbandonarsi al fascino del labirinto, rappresentando «l’assenza di vie d’uscita come la vera condizione dell’uomo». Ancora, Calvino ha premura di sottolineare come resti fuori da questo discorso «chi crede di poter vincere i labirinti sfuggendo alla loro difficoltà». Quid nunc? Cosa può fare, dunque, la letteratura? Questa è la recensione del Drago Mondadori «Alice, Dorothy, Wendy». Grazie all'Ufficio Stampa Mondadori a Sofia di Dear Authors, organizzatrice di questo Review Party, l'ho letto in anteprima, e ho deciso di parlarvene.
Qui trovate il post realizzato da Sofia, che ha letto Alice. Qui, invece, quello di Evelyn che ha letto Dorothy. Questo il link per l'acquisto del libro. La conoscenza è nella nostalgia. Chi non si è perso non possiede. (Pier Paolo Pasolini, Dai diari 1943-1953) Città sommersa di Marta Barone è la storia di un padre, Leonardo, e di un ragazzo, L.B., che, per dirla con Pasolini, «bestemmia / accarezza le gioie… nessuno sa i suoi calcoli di luce». L.B., lo sfuggente personaggio che Barone mette al centro di questo libro, è stato un militante di sinistra extraparlamentare, membro di «Servire il popolo», partito marxista-leninista che «assomiglia più a una setta» negli anni dei disordini politici che si sono tramutati in violenza. Ha avuto una «decent life» per dirla con le parole di un suo amico («Leonardo ha avuto la vita che voleva. È sempre stato dove voleva. Ha continuato a praticare la democrazia quando della democrazia non fregava più niente a nessuno» / «Lui è stato fino all’ultimo, proprio fino all’ultimo, con quelli con cui doveva stare»).
Leonardo Barone, invece, è il padre di Marta: lo è diventato quando aveva quarantadue anni e lo è stato per troppo poco tempo. Marta ha perso suo padre nel giugno del 2011: con lui aveva sempre avuto un rapporto complicato («per non dire conflittuale») fatto di molti silenzi. D’altronde, scrive, «Quando siamo giovani ci limitiamo a constatare che i nostri genitori esistono, e non ci interessiamo molto di loro» e ancora «gli adulti sono misteri insondabili; gli adulti vanno e vengono, i loro visi appaiono e scompaiono». Marta e suo padre hanno vissuto in case diverse per oltre vent’anni: di lui, della sua lunghissima vita sapeva davvero poco: era certa che fosse stato medico, poi professore universitario. «Non capivo che lavoro facesse, perchè avesse ricominciato a studiare», da bambina gli zampettava attorno, avvolta nella sua luminosa ombra densa di vita ed esperienze, ignara di quello che ci fosse stato prima di lei. Nel 2013, in dicembre, succede una cosa: Marta trova la memoria difensiva che l’avvocato di suo padre aveva presentato in Cassazione nell’ambito di un processo in cui era coinvolto per partecipazione a banda armata. Non è una sorpresa, almeno non del tutto: Marta sapeva che suo papà era stato arrestato con l’accusa di essere un terrorista, che alla fine era stato assolto con formula piena e che non era mai stato un terrorista, per davvero. Ma il ritrovamento di queste carte è un fucile che le esplode in faccia, dice, perchè inizia ad emergere «dalle brume del burocratese» un personaggio che le appare sconosciuto, completamente estraneo. È L.B. e non più Leonardo, identificato con le sue iniziali perchè è ormai un personaggio letterario (deve essserlo), lontano nel tempo, di cui si può provare a raccontare la storia, frammentata e incerta. |