C’è una cosa bella per cui, secondo me, dobbiamo festeggiare. È sui giornali, in tv - se aprite le finestre, fuori, troverete la primavera in anticipo. È sorprendente, no? Che meraviglia. È l'onda nuova e bella dei giovani favolosi, come li chiama Simonetta Sciandivasci, una bravissima giornalista de La Stampa (sua è la rubrica ‘Future club’ su Specchio, per «gli sbarbini migliori degli ultimi cinquant’anni» <3).
Insomma, i ragazzi del futuro, i ragazzi del domani, si stanno riprendendo le piazze e gli spazi che non hanno potuto abitare negli ultimi due anni. Gridano a voce altissima con coraggio e determinazione; hanno partecipato agli Stati Generali della Scuola pubblica a Roma, evento organizzato dall'Unione degli Studenti, con gli insegnanti sindacalisti della Flc-Cgil. Le loro voci nitide invadono l’aria e la fanno vibrare. Finalmente. Sui giornali di oggi ci sono alcuni interventi belli - per l’Espresso li ha ascoltati Marco Grieco, in un lungo servizio in Prima Pagina.
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sto dove sta questo racconto di Del Giudice che si intitola «“Com’è adesso!”» (I Racconti, Einaudi) che mi ha appena fregata.
qui davanti al foglio scritto, ingannata come quando ho letto Se una notte d’inverno un viaggiatore. però pure incredibilmente emozionata, perchè la letteratura non smette mai di sorprendermi e mi porta sempre via. non so come dire ma ci provo. Una dolorosa storia di diritti (negati), di (in)giustizia e di coraggio. Un bel libro necessario per riflettere e raccontare ancora.
Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi va in palestra, poi a cena dai genitori, quindi esce con la sua cagnetta Micky e un amico. Una sera come tante, che però finisce male. Stefano con sé ha della droga e viene arrestato. E a casa non ci torna mai più. Quella che ha portato alla sua morte è una vicenda terribile, che Andrea Franzoso e Ilaria Cucchi ripercorrono passo dopo passo: la notte dell’arresto, la prigione, la morte, i depistaggi e la durissima battaglia giudiziaria. Ogni tappa del racconto apre a un approfondimento: sui nostri diritti, sul sistema carcerario, sul ruolo delle forze dell’ordine, sui tribunali. I fatti che hanno coinvolto Stefano diventano una storia che ci riguarda, una grande lezione di giustizia e di educazione civica, potente e necessaria perché tutti noi potremmo essere Stefano, e perché ciò che è accaduto a lui ci offende tutti. Mettiamo i puntini sulle i: Vanessa Ambrosecchio non ha scritto un libro sulla didattica a distanza; ha scritto un libro che parla di scuola prima e durante la tempesta – e quindi anche, purtroppo, in Dad. Ma Tutto un rimbalzare di neuroni (Einaudi, giugno 2021) è prima di tutto un libro che racconta un’insegnante, La Pro, e i suoi ragazzi meravigliosi – Zoran, Mattia, Manfredi, Aurora, Manu, Giada, Marzia, Teo, Barbara, Sara (dimentico qualcuno, sicuramente) – la 3H di una scuola secondaria di primo grado siciliana. È un romanzo che racconta sguardi e incontri (Che cos’è l’insegnamento infatti, se non un improvviso «vedersi» tra esseri umani?, ha scritto Susanna Tamaro).
Come tutti gli altri abitanti del pianeta scuola, La Pro e i suoi alunni si sono trovati a fare i conti, nel marzo scorso, con un nuovo modo di fare lezione. E i ragazzi si sono, scrive Ambrosecchio, improvvisamente ristretti: Ministro, mi si sono ristretti gli alunni! Mi si sono ristretti in una centrifuga virtuale che gli ha tolto il sorriso e il broncio, i capelli impastati dei maschi e quelli stirati e lucidi delle ragazze, l’odore di lip gloss, di mottino schiacciato tra i libri, di fiato crudo al mattino, di erutto sgasato dopo la ricreazione. Gli ha tolto i corpi sgraziati, ingombranti, impacciati, le mani sempre in movimento, le teste ciondoloni. Gli ha tolto i rumori, le urla, i mormorii, le reazioni inconsulte, gli abbracci, le zuffe, le canzoni. Gli ha tolto i pianti, gli sguardi eloquenti, la gioia scalmanata di quando dici che domani è vacanza. […] Questi dati la piattaforma non li registra. […] Di «loro», ministro, nessuna traccia. è finito Lungomare di libri. circondata dalle pagine che animano le mie giornate di maturata ormai nullafacente mi sono chiesta – cosa resta dopo questi eventi meravigliosi, nuova occasione di incontro e di dialogo? oltre i libri, con noi, cosa rimane?
conservo negli occhi le immagini dei due autori che ho avuto il piacere di ascoltare al Fortino di Sant’Antonio, Nicola Lagioia e Mario Desiati; rivedo le loro figure collocate in uno scenario meraviglioso: alle loro spalle solo il cielo (i cieli di Puglia hanno gli artigli, scrive Desiati) e il mare. quel mare che s’impone maestoso e sbruffone nei miei occhi è il bacino che ci accoglie tutti. e allora mi pare di poter scorgere un nesso fra gli elementi di questa fotografia mentale, fra personaggi e sfondo, fra letteratura e mare (o fra letteratura e cielo-orizzonte, se vogliamo). i libri presentati da Lagioia e Desiati (La città dei vivi e Spatriati) dicono entrambi della complessità del nostro tempo, garbuglio con il quale tutti facciamo i conti, che ci piaccia oppure no. Nicola Lagioia ha detto, tempo fa, che i libri servono anche a «farci sentire meno soli nel ballo della vita». e se la vita è complessità allora forse a questo possono servire ancora, i libri, oggi: a dire la complessità in cui nuotiamo, a rendere più dolce il viaggio che la attraversa. Tutti cercando il van, tutti gli dànno
colpa di furto alcun che lor fatt’abbia: del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno; ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia; altri d’altro l’accusa: e così stanno, che non si san partir di quella gabbia; e vi son molti, a questo inganno presi, stati le settimane intiere e i mesi. Ludovico Ariosto, Orlando furioso, canto XII Il movente dell’attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. […] Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell’insieme, da lontano. […] Sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato, che avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù. Ciascuno, dal più umile al più elevato, ha avuta la sua parte nella lotta per l’esistenza, pel benessere, per l’ambizione. G. Verga, Prefazione ai Malavoglia Giuseppe, Vincenzo, io: sono tre i giovani al centro di Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia, pubblicato con Einaudi nel 2009. Un romanzo denso (autofiction? Autobiografia menzognera? [1]) che fotografa l’adolescenza dei figli della borghesia barese negli anni ’80, fra post punk e droghe molto poco leggere. Sullo sfondo, in lontananza, accanto alla città - un orso per i boschi: l’URSS di Gorbačëv. E poi il lupo nel video di Thriller di Michael Jackson, gli USA. «Forse non c’era piú un orso nascosto oltre i confini del mondo conosciuto, ma c’era un lupo in città», scrive l’autore. Sono anni, questi, in cui la politica internazionale entra nella vita dei cittadini comuni, influenzandone scelte e timori.
Non sarò mai abbastanza cinico Da smettere di credere Che il mondo possa essere Migliore di com'è Ma non sarò neanche tanto stupido Da credere che il mondo Possa crescere se non parto da me Brunori Sas, Il costume da torero nell'ultimo numero de L'Espresso si parla dei quarant'anni passati da quando è stato reso pubblico l'elenco degli iscritti alla Loggia P2. quarant'anni lunghi, densi di storia e pieni d'un vuoto: il vuoto pneumatico della politica, fastidioso e sempre più preoccupante. "tra il monarca e il Paese non è rimasto nulla. lo spazio è vuoto, è lo spazio della politica", scrive il Direttore: vuoto di classe dirigente, "vuoto della rappresentanza", "vuoto nelle urne". attorno a noi, la terra desolata. (a settembre, quando ho votato per la prima volta, troppi miei coetanei non sapevano cosa volesse dire "votare no al referendum": perchè?).
"la politica, specialmente la nostra, non ha mostrato grande immaginazione per il futuro, immediato e remoto" (Chiara Valerio). c'è un fil rouge che unisce passato e presente, forse. un anno fa ho scoperto la storia dello stragismo rosso e nero, di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia, della strategia della tensione - storia di dolore e di sofferenza, di intrighi, mancate verità e rabbia. in quelle pagine buie, una luce: quella degli uomini e delle donne che hanno scelto con fermezza di camminare nell'onestà limpida, nel rispetto dei valori della nostra Costituzione. "tout se tient". durante l'ultima lezione di Storia di questo quinquennio (sugli anni '80) ho segnato questa frase su un quaderno: "la Storia di uno stato è la storia dei cittadini e l’unico modo per cambiare le cose è il loro impegno." è da qui che dobbiamo cominciare, con lealtà e rigore. in memoria di chi ha combattuto per la giustizia e per la verità. "La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, indifferentismo." (P. Calamandrei, 26 gennaio 1955 - in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari) (un anno fa scoprivo questa canzone: https://www.youtube.com/watch?v=yZL5pqhXKN8. per me ha un significato speciale) Le parole per definire l’amore - l’amore di una figlia per una madre, l’amore di una madre per una figlia, l’amore impossibile di una donna per un amico che non può essere amante. La maternità, una giovinezza in sospeso. E l’arte di sapersi riconoscere nello sguardo dell’altro.
La giovinezza, gli anni Ottanta, una molotov, un cigno, uno zaino a forma di koala. Una pelliccia, un attico. Il corpo, l’accettazione di sé, il sesso, la vergogna, la femminilità. «Datemi un attico. Un cigno». A lezione di letteratura da Teresa Ciabatti. Torna indietro, scrittrice, torna alla notte di tenebre della tua giovinezza, è forse racchiuso il segreto di tutto? Chi sei, ciò che ti terrorizza. Conta le volte in cui nei tuoi libri compare una bambola bionda. Figura evanescente, te stessa, riemersa per dire: è colpa mia. I fatti e le persone di questa storia sono reali. Fasulla è l’età di mia figlia, il luogo di residenza, altro. Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza (p.7) Je est un autre. Arthur Rimbaud, lettera a Georges Izambard |