Questa è la recensione del Drago Mondadori «Alice, Dorothy, Wendy». Grazie all'Ufficio Stampa Mondadori a Sofia di Dear Authors, organizzatrice di questo Review Party, l'ho letto in anteprima, e ho deciso di parlarvene. Qui trovate il post realizzato da Sofia, che ha letto Alice. Qui, invece, quello di Evelyn che ha letto Dorothy. Questo il link per l'acquisto del libro. Perchè Alice, Dorothy e Wendy; perché la fiaba Nell’introduzione a questo volume, «Vite brevi di bambine immaginarie», Massimo Scorsone, traduttore, fa un’osservazione interessante sulla quale forse può valer la pena spendere due parole: la Fiaba, come la Fantasia, è Femmina; e non c’è Pinocchio, Soldatino di Stagno o Piccolo Principe che, non diremo per fama conclamata, ma sì per affetto e simpatia, possa reggere il confronto con le nostre eroine. Sono molto d’accordo con quanto affermato, ma allargherei l’orizzonte dicendo piuttosto che il ruolo delle protagoniste femminili - delle protagoniste femminili di cui si occupa questo volume in particolare - è fondamentale per lo sviluppo e lo slancio vitale delle storie stesse. E dunque, non esiste Pinocchio senza Fata Turchina, non c’è Peter Pan senza Wendy (e Trilly, e Giglio Tigrato): nelle fiabe, nello sviluppo della struttura narrativa, nella costruzione dei fatti che si avvicendano fra le pagine, la presenza dell’eroina è sempre di essenziale importanza. In questo Drago Mondadori si raccolgono tre storie scritte in epoche diverse nelle quali sono narrate le vicende di tre personagge (personaggi femmine? Direi personagge) che abitano indisturbate l’immaginario comune sin dalla più tenera infanzia. Sempre Scorsone nell’introduzione evidenzia il fil rouge che lega queste storie: La vicenda molteplice di Alice, Dorothy e Wendy, osservata in progressione diacronica pur nel suo svolgimento non lineare, dall’evasione nell’assurdo dell’una alla conquista di una dimensione di attiva intraprendenza dell’altra, al maturo risveglio dell’ultima, stabilisce retaggi esatti e inequivoci, delineando da un’opera all’altra un percorso graduale di crescita del personaggio in termini di complessità e di esiti espressivi, le cui fasi salienti (le avventure, le peripezie affrontate da ognuno di essi) si caratterizzano già in esordio per significative soluzioni di continuità. Cadute vertiginose, perdite di senso, rapimenti aerei e prodigiose levitazioni possono infatti essere considerati alla stregua di costanti che, come è stato notato, allegorizzano la fuga – dalla rigidità delle consuetudini sociali, da strettezze mortificanti, dagli ineffabili timori dell’adolescenza imminente – attraverso il ricorso all’unica via di scampo praticabile: la scorciatoia nell’etereo regno delle possibilità. Il concetto espresso è molto interessante e di importanza fondamentale. Alice, Dorothy e Wendy individuano un percorso comune che denota un’evoluzione dell’individuo narrativo in termini di complessità. Le peripezie che vengono snocciolate, cadute vertiginose, perdite di senso, rapimenti aerei e prodigiose levitazioni, altro non sono che una (splendida) allegoria della fuga, e tutte rappresentano un ricorso alla fantasia per evadere la realtà. Quid nunc? Cosa possono dirci, oggi, Alice, Dorothy e Wendy? Ce lo dice ancora Scorsone: Condividiamone ancora di buon grado gli spasimi, l’euforia, la letizia senza età: siamo certi che anche oggi sapranno fornirci provvidenziali occasioni di riscatto. Nonché, in ultima analisi, di conforto. In hard times come quelli che viviamo oggi, le fiabe raccolte in questo splendido, curatissimo volume edito Mondadori possono rappresentare un fiore nel deserto, un’isola (che non c’è?) da raggiungere per recuperare la serenità (s)perduta, offrendo, come si dice, occasione di conforto. Le fiabe d’un tempo, di quando eravamo bambini, possono ancora scaldarci il cuore e regalarci un attimo fugace di beatitudine. Peter Pan: una genealogia La storia di cui ho scelto di parlarvi vede coinvolta Wendy: si tratta, ovviamente, delle avventure di Peter Pan. La nota al testo iniziale esplica in termini abbastanza chiari la genealogia di Peter Pan, prima come storia incastrata in un’altra storia: Il Peter Pan del drammaturgo e romanziere scozzese James Matthew Barrie fa la sua prima apparizione all’interno della cornice narrativa di The Little White Bird (L’uccellino bianco, 1902), romanzo di costume di miste connotazioni fantastico-satiriche. La prima versione di Peter Pan è dunque abbastanza lontana da quella che conosciamo. Diventerà poi una fiaba “autonoma” con il titolo Peter Pan in Kensington Gardens (Peter Pan nei Giardini di Kensington, 1906), in cui già appaiono evidenti “richiami alla morte e a dimensioni simboliche di un passato arcaicissimo, pagano”. Da questo passaggio in poi, l’eroe che non voleva diventar grande verrà sempre associato alla compagna Wendy. S’era avuta nel 1904 la commedia Peter Pan; or, the Boy Who Wouldn’t Grow Up (Peter Pan, o il ragazzo che non voleva crescere), in cui il limitato scenario del parco cittadino, per quanto magicamente trasfigurato, si dilatava per la prima volta ad abbracciare gli orizzonti remoti di Neverland, l’Isolachenoncè. E poi, nel 1911, il romanzo Peter and Wendy. La nuova fiaba verrà riedita un decennio più tardi, nel 1921, come Peter Pan and Wendy, e in seguito e fino ai giorni nostri (quasi a sancire l’identità mitica dei due personaggi, il bimbo immortale e la bimba mortale) sotto il titolo sintetico di Peter Pan. Peter Pan nei giardini di Kensington Il primo testo che ci viene presentato è il romanzo che Barrie ha pubblicato nel 1906. Si apre con una descrizione dei giardini londinesi, I Giardini sono un posto smisuratamente grande, con milioni e centinaia di alberi. Il primo luogo che si incontra è l’angolo dei Pavoni, ma disdegnate di soffermarvi lì (…) Eccoci ora sulla Passeggiata Grande, tanto più grande delle altre quanto il papà è più grande di voi. David si domandava se un tempo fosse stata piccola e poi fosse cresciuta sempre di più fino a diventare così grande, e se le altre passeggiate fossero i suoi bambini. Si divertì molto a fare un disegno della Passeggiata Grande che portava una passeggiata piccolissima a prendere una boccata d’aria in carrozzina. Il narratore esterno onnisciente intreccia la descrizione dei luoghi alla descrizione delle persone che animano il parco: Sulla Passeggiata Grande si incontrano tutte le persone che vale la pena conoscere, in genere accompagnate da un adulto, che impedisce loro di calpestare l’erba bagnata e le mette in castigo su un angolo della panchina quando fanno i maschiacci o le femminucce. Peter Pan viene descritto nel capitolo secondo. Il narratore si rivolge direttamente al lettore per invitarlo a costruire insieme la figura del protagonista: Peter Pan è molto vecchio, ma, poiché in realtà lui ha sempre la stessa età, questo non ha alcuna importanza. Peter Pan ha una settimana di vita e, benché sia nato moltissimo tempo fa, non ha mai avuto un compleanno, e non esiste la minima possibilità che ne abbia uno in futuro. Un bambino senza tempo, mai nato e dunque eternamente giovane. Perchè mai? La ragione di questo è che abbandonò la condizione di essere umano quando aveva sette giorni, fuggendo dalla finestra e tornando in volo ai Giardini di Kensington. A soli sette giorni di vita, Peter Pan uscì dalla finestra, e, in piedi sul davanzale, aveva deciso di volar via fino ai Giardini. Qui incontrò Salomone, il corvo, il quale gli confessò che per tutta la vita sarebbe stato «un Metà l’Uno e Metà l’Altro», metà bambino e metà uccello. In questa storia Wendy non c’è mai: è un racconto breve, poco più di cinquanta pagine, in cui osserviamo Peter crescere nei Giardini, fra fate e piccoli traguardi (impara, ad esempio, a suonare il flauto di Pan che gli varrà il soprannome). Peter e Wendy Il personaggio di Wendy viene introdotto in questo romanzo, pubblicato nel 1911. Wendy è presente già nella prima pagina, associata ad una verità che lega la storia a quella che abbiamo qui raccontato in precedenza, Tutti i bambini crescono, tranne uno. Lo sanno presto che cresceranno e Wendy lo seppe in questo modo. I Darling erano una rispettabile famiglia londinese. Il signor George Darling «era uno di quei personaggi importanti che sanno tutto su titoli e azioni»; sua moglie, la signora Darling, «si era sposata in bianco e i primi tempi aveva tenuto in modo perfetto i conti di casa, quasi con entusiasmo, come si trattasse di un gioco.» Wendy era la prima di tre figli: aveva due fratelli minori, John e Micheael. «Per una settimana o due, dopo la venuta di Wendy, in casa Darling si fu in dubbio se tenerla o rimandarla poiché era un’altra bocca da sfamare. Il signor Darling era molto fiero di avere una bambina, ma voleva crescerla senza difficoltà. Sedette perciò sulla sponda del letto di sua moglie e, tenendole una mano, incominciò a calcolare le spese, mentre lei lo guardava con occhi supplichevoli. Era pronta a correre il rischio, qualunque fosse, ma il marito non approvava quel sistema. Lui ragionava con i numeri, faceva i suoi calcoli con la matita su un foglio di carta, e quando la signora con i suoi consigli e suggerimenti lo interrompeva, si confondeva e ricominciava da capo.» I Darling avevano una bambinaia, Nana, una grossa cagna di Terranova: «un tesoro di bambinaia. Era un piacere vederla quando faceva il bagno ai bambini, e si poteva essere certi che balzava in piedi a ogni momento della notte se li udiva piangere o agitarsi nei loro lettucci.» Una sera i signori Darling rientrarono a casa da una festa e non trovarono più i loro bambini. Furono momenti concitati: il signor Darling riteneva fosse colpa sua, la signora Darling si assumeva le sue reponsabilità. «La mia stupida passione per le feste, George!» «La mia sciocca mania delle burle, cara!» “E io che me la prendo per certe stupidaggini, caro padrone e cara padrona!” Poi, uno alla volta, oppure tutti insieme, si abbandonavano alla disperazione, soprattutto Nana, perché pensava: “È vero, è vero: non avrebbero mai dovuto assumere una cagna come bambinaia!”. Tutti, in quella casa, sapevano che i bambini erano andati via con Peter Pan. Ne avevano tanto parlato, nei giorni precedenti. «Quel diavolo!» gridava il signor Darling, e Nana gli faceva eco abbaiando. Soltanto la signora Darling non rimproverava mai Peter: c’era qualcosa all’angolo destro della sua bocca che la tratteneva dall’ingiuriare Peter. Quella sera, la sera della festa, Peter Pan aveva perso la sua ombra. Era sicuro di averla lasciata a casa Darling, dove si recò, accompagnato dalla fatina Trilli: «Trilli» chiamò a bassa voce, dopo essersi assicurato che i bambini dormivano. «Trilli, dove sei?» In quel momento lei stava in una brocca, il che le piaceva straordinariamente perché non era mai stata in una brocca prima di allora. «Andiamo, esci di lì e dimmi, se lo sai, dove hanno messo la mia ombra.» I bambini si svegliarono, uno dopo l’altro, disturbati da Peter. Wendy ricucì prontamente e con grande perizia l’ombra perduta, e per gratificarla del gesto, Peter decise di portare lei e i suoi fratelli sull’Isolachenonc’è. Wendy si compiacque della preghiera ma si oppose: «Inoltre non so volare.» «Te lo insegnerò.» «Davvero? Sarebbe magnifico volare!» «Ti insegnerò come saltare in groppa al vento, e poi via, andare!» Wendy giunse le mani, affascinata. «Wendy, Wendy, invece di dormire nel tuo sciocco letto, potresti volare con me dappertutto e scherzare con le stelle.» Come volare? Nè Wendy né John e Michael ne erano capaci. «È semplice. Pensate a cose straordinarie e stupende: saranno esse a trasportarvi in alto.» …seconda stella a destra. Conosciamo tutti la storia e le peripezie vissute dai Darling a Neverland, assieme a Peter. Incontreranno i Bimbi Sperduti, Capitan Uncino e mille altri strambi personaggi che daranno loro filo da torcere. È il perfetto intreccio di una storia indimenticabile, che vive, impassibile, nei ricordi e nella memoria di tutti noi. E che è per questo impossibile da recensire, davvero. Siamo tutti legati a Peter Pan, personaggio simbolo d’un tempo perduto di spensierata bellezza.
Wendy è il personaggio che avvia la storia. È lei che con pazienza cuce l’ombra a Peter, è lei che promette a Peter, quando sono tutti ancora a Londra, che racconterà ai bimbi sperduti le favole. «Io non so nessuna favola, capisci? Nessuno dei Bimbi Sperduti sa le favole.» (…) «Che belle favole potrei raccontare ai tuoi bambini!» Peter allora la afferrò e cominciò a trascinarla con forza verso la finestra. «Lasciami!» ordinò lei. «No,Wendy!Verrai con me e racconterai le favole agli altri bambini.» Il dono nel dono. Wendy promette che regalerà ai Bimbi Sperduti un momento di gioia e di evasione esattamente come Peter sta facendo con lei e i suoi fratelli, in questo incastro di piccole felicità infantili che assume quasi i toni della metaletteratura. E allora questo ci resta, in fondo, di Peter e Wendy: l’essenza del donare storie, l’essenza del saper volare, lontano, verso mondi ignoti, per ristorare mente e cuore.
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