Lo scorso Lunedì 25 Maggio a Minneapolis è morto un uomo di colore. Si chiamava George Floyd, aveva quarantasei anni e una splendida bambina che qualche giorno fa in un video canticchiava, sorridente, Daddy changed the world, papà ha cambiato il mondo. Ma perché suo padre ha cambiato il mondo? George Floyd è stato ucciso da un agente di polizia, soffocato dal suo ginocchio che gli premeva sul collo. Otto minuti. Per otto minuti George ha continuato a dire I can’t breathe, non respirò, così muoio, lasciami andare, ma quell’uomo non si è fermato. George Floyd è l’ennesima vittima di colore uccisa dalla polizia negli Stati Uniti d’America, sintomo di un cancro che affligge la società del sogno americano da troppo tempo. Era mio amico, mio fratello - figlio, come me, di un mondo che non è stato capace di volergli bene e di proteggerlo. In suo nome, il movimento Black Lives Matter ha organizzato numerosissime proteste che hanno raggiunto anche il nostro paese. Dear George, caro George, non basta un oceano a fermare il mio coinvolgimento, seppur virtuale, nell’eterna marcia di uomini e donne che chiedono a gran voce giustizia per te. So di poter usare la mia voce per raggiungere altre persone e continuerò a farlo, nel mio piccolo, finchè ne avrò le forze, in tuo onore, in onore di tutti i fratelli che come te ci hanno lasciati nel dolore. Mi dispiace. Oggi, con questo “articolo”, provo a fare la mia parte e ad invitare chiunque mi legga a riflettere sul tema del razzismo e delle ingiustizie sociali. Per George, who changed the world. [Mentre scrivo scopro di essermi persa questa notizia: La notte del 12 giugno Rayshard Brooks, un afroamericano di 27 anni, è stato ucciso da un agente di polizia ad Atlanta, in Georgia. La sua morte ha alimentato ulteriormente la rabbia delle migliaia di manifestanti che da più di due settimane – da quando George Floyd è stato ucciso a Minneapolis – scendono in piazza contro la polizia e il razzismo. Il 14 giugno il medico che ha condotto l’autopsia sul corpo della vittima ha stabilito che si è trattato di omicidio. E mi fa male il cuore.]
Black Lives Matter è un movimento che combatte le discriminazioni nei confronti degli afroamericani. È nato nel 2012 in risposta all’omicidio in Florida di Trayvon Martin, diciassettenne disarmato colpito dal poliziotto George Zimmerman dopo una lite. Zimmerman fu preso in custodia ed interrogato per cinque ore, poi lasciato libero per assenza di prove. Fu poi mandato a processo. Il 13 luglio 2013 una giuria l’ha assolto dall’accusa di omicidio. Il 4 dicembre dello scorso anno il poliziotto ha chiesto alla famiglia del ragazzo scomparso e alle autorità statali il pagamento di un risarcimento di 100 mln di dollari per il processo ingiusto subito. … Siamo ad Oakland, California, in un bar. Alicia Garza, editrice afroamericana, presta attenzione al notiziario fra il brusio generale. Alla notizia dell’assoluzione di Zimmerman, percepisce un pugno nello stomaco. «Martin sarebbe potuto essere mio fratello» pensa «ho sentito un grande dolore perchè non ho potuto proteggerlo. Non ho potuto proteggerlo da questo cancro.» È affranta, e decide di scrivere una love note to black people. La posta su Facebook, conclude così: «Neri. Vi amo. Ci amo. Le nostre vite contano». Patrisse Cullors, una sua amica, trasforma l’ultima frase in un hashtag #BlackLivesMatter, che con il passare delle settimane diventa virale. Il bello del web: una voce diventa mille, un unico coro di uomini e donne che chiedono giustizia e verità. Nasce così il movimento che oggi chiede giustizia per gli uomini e le donne vittime delle ingiustizie e della discriminazione razziale. L’hashtag viaggia alla velocità della luce. Condensa anni di brutalità e dolore, disparità razziali e ingiustizie sociali in «uno slogan semplice, facile da ricordare che si inserisce bene su un Tweet o una T-shirt», ha commentato Travis Gosa, docente universitario di Scienze Sociali alla Cornell University. Da Twitter raggiunge le strade, mettendo in movimento un’onda materiale di esseri umani in lotta per i diritti civili. E così dopo Trayvon Martin vengono fuori altri – troppi – nomi da ricordare. Oscar Grant, ucciso dai poliziotti il 1 gennaio 2009 dalla polizia della Bart, la Bay Area Rapid Transit, la metropolitana che taglia in due San Francisco. Fu ammazzato a sangue freddo la notte di Capodanno del 2009 alla stazione di Fruitvale. L’agente che ha sparato a Oscar è stato condannato a due anni, perché avrebbe confuso la pistola con il taser, ed è uscito dopo 11 mesi. A differenza del caso Martin, qui i testimoni abbondano: tutti hanno filmato la scena che è subito finita in rete. Oscar Grant aveva ventidue anni, una bimba piccola. Michael Brown, ucciso il 9 agosto 2014 a Ferguson, Missouri, un sobborgo di Saint Louis. Era un diciottenne afroamericano, deceduto dopo essere stato ripetutamente colpito da proiettili sparati da un agente bianco della polizia di Ferguson, Darren Wilson. Colpito senza essere stato trovato in possesso di armi, Brown era sospettato – secondo la polizia locale – di un furto commesso pochi minuti prima, sebbene il contatto iniziale tra l'agente Wilson e Brown non fosse collegato alla rapina. (Ferguson Police Chief Tom Jackson on Friday said the police officer who shot and killed Michael Brown was not aware that the unarmed 18-year-old was accused of robbing a convenience store just minutes before the shooting. Jackson said that "the initial contact with Brown was not related to the robbery." Jackson also clarified that Darren Wilson, the officer who shot and killed Brown, wasn't even responding to a call about the robbery as initially reported. Wilson instead stopped Brown because he was jaywalking.) Ma ancora, Freddie Gray, Walter Scott, Sandra Bland, Samuel DuBose, Breonna Taylor — che seguono tutti la stessa dinamica: afroamericano disarmato vittima della brutalità (impunita) della polizia. La diffusione del movimento Alicia Garza realizza con due amiche (Patrisse Cullors, Opal Tometi) il sito https://blacklivesmatter.com/, una piattaforma che diventa punto di riferimento per chiunque lotti per la giustizia sociale. Si crea velocemente una rete di contatti che favorisce le interazioni offline, che agisca direttamente nelle piccole comunità. Chiunque abbia un account Facebook o Twitter o semplicemente un telefono smartphone e creda nei valori di giustizia ed equità sociale può accedere al movimento: le idee di BLM viaggiano attraverso la rete, e raggiungono i cuori di chi ha ancora qualcosa in cui credere. Alicia Garza sottolinea come il movimento sia aperto a chiunque, perché «Vogliamo che ci sia una partecipazione ampia. Non possiamo seguire una sola voce. Abbiamo così tante esperienze diverse che sono ricche e complesse, dobbiamo considerarle tutte per raggiungere i nostri obiettivi». Black Lives Matter accoglie per questo persone di colore gay, trans, disabili, e tutte le vite ‘along the gender spectrum’. Un manifesto. What we believe Oggi, sul loro sito si legge questo: Black Lives Matter Foundation, Inc is a global organization in the US, UK, and Canada, whose mission is to eradicate white supremacy and build local power to intervene in violence inflicted on Black communities by the state and vigilantes. (BLM è un’organizzazione globale negli USA, UK e Canada. La sua missione è sradicare la white supremacy, la supremazia bianca, e creare comunità locali che possano intervenire in caso di violenza inflitta alle persone di colore dallo stato e dai vigilanti.) La loro intenzione, spiegano, è connettere persone di colore di tutto il mondo che abbiano un desiderio comune di giustizia. La rete globale Black Lives Matter deve la sua forza ai suoi membri, partner, supporters, al nostro staff e a te. Continuiamo il lavoro dei nostri antenati combattendo per la nostra verità collettiva perché è nostro dovere. Rispettiamo e celebriamo differenze e tratti comuni. Lavoriamo in maniera vigorosa per la libertà e la giustizia delle persone di colore e, per estensione, di tutte le persone. (…) Siamo guidati da un credo: tutte le vite di colore contano, indipendentemente dalla reale o percepita identità sessuale, dall’identità di gender, dallo status economico, da eventuali disabilità, convinzioni (o non convinzioni) religiose, o posizione nel mondo. Facciamo spazio ai nostri fratelli e sorelle transgender. (…) Costruiamo uno spazio per le donne di colore che sia libero dal sessismo, dalla misoginia. Mettiamo in pratica l’empatia. Creiamo spazi family-friendly aperti ai genitori e ai figli. (…) Coltiviamo una rete che abbracci più generazioni: crediamo che tutte le persone, indipendentemente dalla loro età, abbiano la stessa capacità di imparare. Pratichiamo giustizia, liberazione e pace fra di noi.
In un articolo pubblicato qualche giorno fa dal Washington Post (aggiornato rispetto al 2018), Radley Balko ha elencato una serie di studi svolti da varie istituzioni (generalmente, come vedremo, private) che lo hanno aiutato a dimostrare quanto il sistema di giustizia penale sia di parte nei confronti dei cittadini afroamericani. L’articolo è molto lungo e diviso in 11 sezioni: ciascuna sezione fa riferimento a numerosissimi studi indipendenti. Qui vengono riassunti alcuni punti tristemente rilevanti:
Riguardo la questione omicidi in particolare: non esiste infatti un database comprensivo federale che censisce gli omicidi causati dalle forze dell’ordine, e a cercare di fare luce in questo grumo di buio sono stati progetti portati avanti da privati, fra cui Fatal Encounters, Mapping Police Violence, o Fatal Force compilato dai giornalisti del Washington Post. Il secondo studio mette a disposizione liberamente i propri dati che riepilogano quante persone sono state uccise da agenti di polizia dal 2013 al 2019, e che possiamo usare per farci un’idea di massima. Nel complesso, mostrano i risultati dell’archivio, in sette anni la polizia americana ha ucciso 7.663 persone, ovvero in media 1.100 l’anno e circa 0,34 ogni 100mila abitanti. Considerati quanti ne vivono in America, per gli afroamericani il rischio di essere uccisi dalla polizia è circa triplo che per i bianchi. Essi rappresentano il 24% delle vittime e il 13% della popolazione complessiva (omicidi per settimana). La violenza da parte della polizia non sembra neppure riflettere il livello di criminalità presente in diverse zone. Mettendo a confronto il numero di omicidi in capo alle forze delle ordine con quello dei crimini violenti non emerge una correlazione particolare: troviamo talvolta città non particolarmente colpite dal crimine ma con molti omicidi compiuti dalla polizia, o viceversa. A questo si aggiunge che il 99% degli omicidi compiuti nei sette anni analizzati dal progetto non ha portato all’incriminazione degli agenti coinvolti. Quelli effettivamente condannati sono stati soltanto una piccolissima parte del totale.
a. A Propaganda Live, Diego Bianchi in arte Zoro racconta le manifestazioni a Minneapolis, New York, Toledo, Jersey City https://www.la7.it/propagandalive/video/tolleranza-zoro-le-proteste-negli-stati-uniti-dopo-la-morte-di-george-floyd-05-06-2020-328995 b. Sempre Propaganda Live: la narrazione delle lunghe e roventi proteste a Los Angeles attraverso gli occhi di chi le vive in prima persona. Un reportage molto interessante andato in onda la settimana scorsa: https://www.la7.it/propagandalive/video/george-floyd-le-immagini-dalle-manifestazioni-di-los-angeles-06-06-2020-329001 c. L’intervento di Zerocalcare ( https://video.repubblica.it/dossier/morte-george-floyd/zerocalcare-il-nuovo-cartoon-e-su-black-lives-matter-siamo-ossessionati-dal-dibattito-su-buoni-e-cattivi/362201/362755? ): un fumetto animato interessante. Ma non sarà più interessante pure per noi parlare di ‘ste cose, invece che indagare ossessivamente sul 740 di quello che s’è azzoppato la TV al plasma? La domanda è retorica, perché il massimo dell’estro in tutti ‘sti mesi che tutti dicevano che bisognava riorganizzare la società è stato di chiamare un premio Nobel per l’ingegneria per capire se si può montare una barriera di plexiglas intorno a un panino con la frittata sulla spiaggia, mentre qualsiasi altro argomento di organizzazione del vivere collettivo suscita una risposta sola: ma sticazzi? d. Questo articolo de Il Riformista: https://www.ilriformista.it/morte-floyd-e-la-violenza-contro-i-neri-la-sociologa-italo-americana-divario-tra-bianchi-e-afroamericani-piu-ampio-che-negli-anni60-108953/ La drammatica morte di George Floyd, soffocato a Minneapolis da un poliziotto che gli ha premuto per 9 interminabili minuti il ginocchio sul collo, ha riacceso le proteste negli Stati Uniti. E ha acuito il risentimento tra la popolazione afroamericana che non si è mai sentita rispettata, ma sempre privata di diritti e marginalizzata. Non è un sentimento ma un dato di fatto testimoniato dai numeri. Quello che emerge dai report pubblicati negli USA conferma una situazione di violenza che colpisce soprattutto i neri. Una ricerca pubblicata qualche anno fa sulla rivista scientifica Plos One evidenzia questo divario: negli USA un afroamericano disarmato ha la probabilità di essere ucciso dalla polizia mediamente 3,5 volte superiore rispetto a un bianco ugualmente disarmato. Un dato che in alcune contee si spinge fino a 20 volte più su. Link allo studio: https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371%2Fjournal.pone.0141854 e. Il film Fruitvale Station che racconta l’omicidio di Oscar Grant (l’ho visto un paio d’anni fa ed è un vero colpo al cuore). f. Qui una raccolta di libri sul razzismo editi Feltrinelli: https://www.lafeltrinelli.it/fcom/it/home/Speciali/2020/libri-film-su-razzismo-discriminazione.html g. Altre proposte: https://www.ibs.it/razzismo-discriminazione-razziale-libri-film h. Libri per bambini: https://www.savethechildren.it/blog-notizie/10-libri-contro-il-razzismo-che-ogni-bambino-dovrebbe-leggere i. Film disponibili su Netflix: https://nospoiler.it/2020/06/08/film-sul-razzismo-i-consigli-di-netflix-italia/ Concludo facendo mia la riflessione di Diego Bianchi nell’ultima puntata di Propaganda Live, che nel ricordare le parole di Enrico Berlinguer riguardo i giovani (“è nel mondo giovanile che è viva l’esigenza di prospettive, di cambiamenti, di un futuro per cui valga la pena lavorare, studiare e lottare”) si è emozionato per le immagini dei ragazzi che protestano coi pugni alzati. Anche se di uscirne migliori non ci avremmo mai sperato, e invece, dopo aver visto tutti quei pugni alzati, tutti quei giovani, voglio pensare che alla fine, tutto sommato, nonostante tutto, potremmo esserne usciti migliori davvero. * Disclaimer: se c’è una cosa che ho capito riflettendo in questo periodo è che la violenza, in generale, per me, non sarà mai la soluzione. Per questo mi ricollego alle parole di una manifestante incrociata fra un video e l’altro: I’m not encouraging it, but if you’re doing it, I understand why. Non la incoraggio, ma se lo stai facendo capisco il perché. L’unico scopo delle mie parole e del mio tentativo di ricostruzione è quello di invitare alla riflessione e di fare la mia parte, nel mio piccolo. Fonti
[1]https://eu.usatoday.com/story/tech/2015/03/04/alicia-garza-black-lives-matter/24341593/ [2]https://www.corriere.it/cultura/cards/black-lives-matter-storia-futuro-movimento-diritti-neri/fondatrici.shtml [3] https://edition.cnn.com/2019/12/04/us/george-zimmerman-lawsuit-trayvon-martin-mother/index.html [4] https://ilmanifesto.it/un-colpo-di-pistola-a-fruitvale-station/ [5] https://www.vox.com/2014/8/15/6007055/mike-brown-robbery-shooting-unrelated [6] https://blacklivesmatter.com/herstory/ [7]Su Walter Scott: https://www.internazionale.it/opinione/alessio-marchionna/2015/04/09/scott-garner-polizia-impunita Articoli di riferimento del secondo paragrafo: [8] https://www.valigiablu.it/george-floyd-proteste-razzismo-violenza-polizia/ [9] https://www.infodata.ilsole24ore.com/2020/06/06/numeri-della-violenza-della-polizia-usa-cambiata-la-geografia-degli-omicidi/
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