Qui potete trovare il mio articolo per il settimanale L'Espresso:
https://espresso.repubblica.it/attualita/2021/01/18/news/un-paese-alla-prova-e-noi-liceali-a-lezioni-di-lontananza-1.358461?ref=twhe Ringrazio ancora di cuore il direttore Marco Damilano e il giornale per l'ospitalità.
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Il soffio del vento Che un tempo portava il polline al fiore Ora porta spavento Spavento e dolore Ma vedrai che andrà bene Andrà tutto bene Brunori Sas, Al di là dell’amore C’é pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono; ciascuno cresce solo se sognato. Danilo Dolci, Poema Umano Aver sviluppato interesse per la professione dell’insegnante nell’anno della pandemia, della didattica a distanza e del delirio scolastico è forse incomprensibile, quantomeno ambiguo. Eppure questo è, e io qui, circondata da libri di teoria della didattica - che cosa significa insegnare? - mi ritrovo a pensare il futuro di questa nave in mezzo alla tempesta da dieci mesi, così terribilmente sbeffeggiata dalle onde.
Stamattina mi sono svegliata stropicciata, reduce da una notte di incubi insopportabili. Ho trovato sul tavolo, accanto al caffè, L’Espresso di oggi, domenica 10 gennaio 2021, con una bella copertina coloratissima, illustrata da Ivan Canu. Ci sono adulti e ragazzi vicini, con le braccia - e i cuori, in trasparenza - intrecciate, qualche schermo e qualche immagine pixelata. Poi un titolo forte e chiaro: DAD, disagio a distanza. Più in basso ho letto «Stress. Precarietà. Disturbi.» E ho pensato: finalmente. Fotografare la scuola, mettere il disagio in copertina e provare a raccontarlo dedicandogli un numero intero è un gesto importante. Forse allora è vero, non siamo soli: studenti e docenti, famiglie, dirigenti, personale ATA, passeggeri di quest’imbarcazione tanto sfortunata. Ci siamo detti, a marzo, che eravamo di fronte ad un evento straordinario, che non eravamo pronti (male!) e che sarebbe stata necessaria una buona dose di pazienza per affrontare il lungo inverno. Abbiamo stretto i denti e sperato che sarebbe finita, convinti che saremmo presto tornati fra i banchi, forse separati da barriere in plexiglas(s), che avremmo di nuovo tremato per la paura d’essere chiamati alla lavagna: era solo questione di tempo. Credevamo davvero che sarebbe andato tutto bene. Poi il vento che un tempo portava il polline e il fiore è diventato il fiato d'aura maligna, e ha portato, inaspettatamente, ancora spavento e dolore. |